Solennità del Santo Natale

Dal Libro di Cielo Volume 17 - Dicembre 24, 1924

[...] Scrive Luisa: Nella notte, stavo pensando all'atto quando il dolce Bambinello uscì dal seno materno per nascere in mezzo a noi. La mia povera mente si perdeva in un mistero sì profondo e tutto amore, ed il mio dolce Gesù, muovendosi nel mio interno, ha messo fuori le sue piccole manine per abbracciarmi e mi ha detto: "Figlia mia, l'atto del mio nascere fu l'atto più solenne di tutta la Creazione; Cielo e terra sentivano sprofondarsi nella più profonda adorazione alla vista della mia piccola Umanità, che teneva come murata la mia Divinità. Sicché nell'atto del mio nascere ci fu un atto di silenzio e di profonda adorazione e preghiera. Pregò la mia Mamma e restò rapita per la forza del prodigio che da Lei usciva; pregò San Giuseppe, pregarono gli Angeli e la Creazione tutta: sentivano la forza dell'amore della mia Potenza creatrice rinnovata su di loro. Tutti si sentivano onorati e ricevevano il vero onore, che Colui che li aveva creati doveva servirsi di loro per ciò che occorreva alla sua Umanità. Si sentì onorato il sole nel dover dare la sua luce e calore al suo Creatore: riconosceva Colui che lo aveva creato, il suo vero Padrone e Gli faceva festa ed onore col dargli la sua luce. Si sentì onorata la terra quando Mi sentì giacente in una mangiatoia, si sentì toccata dalle mie tenere membra e tripudiò di gioia con segni prodigiosi. Tutta la Creazione vedevano il loro vero Re e Padrone in mezzo a loro, e sentendosi onorati, ognuno voleva prestarmi il suo uffizio: l'acqua voleva dissetarmi, gli uccelli coi loro trilli e gorgheggi volevano ricrearmi, il vento voleva carezzarmi, l'aria voleva baciarmi, tutti volevano darmi il loro innocente tributo.


Solo l'uomo, ingrato, ad onta che tutti sentirono in loro una cosa insolita, una gioia, una forza potente, furono restii, e soffocando tutto non si mossero, e ad onta che li chiamavo con le lacrime, coi gemiti e singhiozzi, non si mossero, eccettuati alcuni pochi pastori. Eppure era per l'uomo che venivo sulla terra! Venivo per darmi a lui, per salvarlo e per riportarmelo nella mia Patria Celeste. Quindi, ero tutt'occhio per vedere se mi veniva innanzi per ricevere il gran dono della mia Vita Divina ed umana. Sicché l'Incarnazione non fu altro che un darmi in balia della creatura. Nell'Incarnazione Mi diedi in balia della mia cara Mamma; nel nascere si aggiunse San Giuseppe, cui feci dono della mia Vita. E siccome le mie opere sono eterne e non soggette a finire, questa Divinità, questo Verbo che scese dal Cielo, non Si ritirò più dalla terra, per avere occasione di darmi continuamente a tutte le creature. Finché vissi Mi diedi svelatamente, e poi, poche ore prima di morire feci il gran prodigio di lasciarmi Sacramentato, perché chiunque Mi volesse potesse ricevere il gran dono della mia Vita. Non badai né alle offese che Mi avrebbero fatte, né ai rifiuti di non volermi ricevere; dissi tra Me: 'Mi sono dato, non voglio più ritirarmi; Mi facciano pure quello che vogliano, ma sarò sempre di loro e a loro disposizione'.


Figlia, questa è la natura del vero amore, l'operare da Dio: la fermezza ed il non ritirarsi a costo di qualunque sacrifizio. Questa fermezza nelle mie opere è la mia vittoria e la più grande della mia gloria; ed è questo il segno se la creatura opera per Dio: la fermezza. L'anima non guarda in faccia a nessuno, né alle pene, né a sé stessa, né alla sua stima, né alle creature; ad onta che le costi la propria vita, lei guarda solo Iddio, per cui si è prefissa di operare per amor suo, e si sente vittoriosa di mettere il sacrifizio della sua vita per amor suo. Il non essere fermo è della natura umana e dell'operare umanamente; il non essere fermo è l'operare delle passioni e con passione; la mutabilità è debolezza, è viltà, e non è della natura del vero Amore. Perciò la fermezza dev'essere la guida d'operare per Me. Perciò nelle mie opere non Mi cambio mai: siano quel che siano gli eventi, fatta un'opera una volta è fatta per sempre".


Volume 30 - Dicembre 25, 1931

Stavo pensando alla nascita del Bambinello Gesù - scrive ancora Luisa -, specie nell'atto quando uscì dal seno materno, ed il Celeste Infante mi ha detto: "Figlia carissima, tu devi sapere che non appena Mi sprigionai dal seno della Mamma mia, sentii il bisogno d'un amore ed affetto divino. Io lasciai il mio Padre Celeste nell'empireo, che Ci amavamo con amore tutto divino; tutto era divino tra le Divine Persone: affetti, santità, potenza e così di seguito. Ora, Io non volli cambiare modi venendo sulla terra. La mia Divina Volontà Mi preparò la Madre divina in modo che ebbi Padre Divino in Cielo e Madre divina in terra; e come uscii dal seno materno, sentendo estremo bisogno di questi affetti divini, corsi nelle braccia della Mamma mia per ricevere come il primo cibo, il primo respiro, il primo atto di vita alla mia piccina Umanità, il suo amore divino, e Lei sprigionò i mari d'amore divino che il mio Fiat aveva formato in Essa e Mi amò con amore divino come Mi amava il mio Padre nel Cielo. Ed oh, come fui contento! Trovai il mio Paradiso nell'amore della Mamma mia.


Ora tu sai che il vero amore non dice mai: 'Basta'; se potesse dire: 'Basta', perderebbe la natura del vero amore divino. E perciò fin dalle braccia della Madre mia, mentre Mi prendevo il cibo, il respiro, l'amore, il Paradiso che Lei Mi dava, il mio amore si stendeva, si faceva immenso, abbracciava i secoli, rintracciava, correva, chiamava, delirava, che voleva le figlie divine; e la mia Volontà per quietare il mio amore Mi presentò le figlie divine che coll'andare dei secoli Mi avrebbe formato. Ed Io le guardai, le abbracciai, le amai e ricevetti il respiro dei loro affetti divini; e vidi che la Regina divina non sarebbe restata sola, ma avrebbe avuta la generazione delle mie e delle sue figlie divine.


La mia Volontà sa mutare e dare la trasformazione e formare il nobile innesto da umano in divino; perciò quando ti vedo operare in Essa, Mi sento dare e ripetere il Paradiso che Mi diede la Mamma mia quando Bambinello Mi ricevette nelle sue braccia. Perciò chi fa e vive nella mia Divina Volontà fanno sorgere e formano la dolce e bella speranza che il suo Regno verrà sulla terra, ed Io Mi [beo] nel paradiso della creatura che il mio Fiat ha formato in loro".


E mentre la mia mente continuava a pensare ciò che Gesù mi aveva detto - continua Luisa -, con un amore più intenso e tenero ha soggiunto: "Mia buona figlia, il nostro Amore corre continuamente verso la creatura. Il nostro moto amoroso che non cessa mai corre nel palpito del cuore, nei pensieri della mente, nel respiro dei polmoni, nel sangue che circola; corre, corre sempre e vivifica colla nostra nota e moto d'amore, il palpito, il pensiero, il respiro, e vuole l'incontro dell'amore palpitante del respiro amante, del pensiero che riceve e Ci dà amore. E mentre il nostro Amore corre con rapidità inarrivabile, l'amore della creatura non s'incontra col nostro, si resta dietro e non segue la corsa del nostro Amore che corre senza mai arrestarsi; e non vedendoci neppure seguire, mentre continuiamo a girare nel palpito, nel respiro, in tutto l'essere della creatura, deliranti esclamiamo: 'Il nostro Amore non è conosciuto né ricevuto né amato dalla creatura, e se lo riceve è senza conoscerlo. Oh, come è duro amare e non essere amato!'


Eppure se il nostro Amore non corresse, cesserebbe all'istante la vita di esse. Succederebbe come all'orologio: se c'è la corda, fa sentire il suo tic, tic, e mirabilmente segna le ore ed i minuti e serve a mantenere l'ordine del giorno, l'ordine pubblico. Se cessa la corda, il tic, tic non si sente più, resta fermato come senza vita, e ci possono essere molti disordini per causa che l'orologio non cammina.


La corda della creatura è il mio Amore, che come corre questa corda celeste, palpita il cuore, circola il sangue, forma il respiro; questi si possono chiamare le ore, i minuti, gli istanti dell'orologio della vita della creatura; e nel vedere che se non faccio correre la corda del mio amore non possono vivere e[p]pure non sono riamato, il mio amore continua la sua corsa, ma atteggiandosi ad amore dolorante e delirante.


Ora, chi Ci toglierà questo dolore e raddolcirà il nostro delirio amoroso? Chi terrà per vita la nostra Divina Volontà. Essa come vita formerà la corda nel palpito, nel respiro e così di seguito, in ogni atto della creatura, formerà il dolce incanto col nostro amore, e la nostra corda e la loro cammineranno di pari passi. Il nostro tic continuo sarà seguito dal tic di esse, ed il nostro amore non sarà più solo nel correre, ma avrà la corsa insieme colla creatura.


Perciò non voglio altro che Volontà mia, Volontà mia nella creatura!"


Dal Volume 20 - Dicembre 25, 1926

Luisa, scrive: Stavo con ansia aspettando il Bambinello Gesù e dopo molti sospiri finalmente è venuto, e gettandosi da piccolo Bambinello nelle mie braccia mi ha detto: "Figlia mia, vuoi tu vedere come Mi vide la mia inseparabile Mamma quando uscii dal seno materno? Guardami e vedi".


Io l'ho guardato e lo vedevo piccolo Bambinello di una bellezza rara e rapitrice. Da tutta la sua piccola Umanità, dagli occhi, dalla bocca, dalle mani e piedi uscivano raggi fulgidissimi di luce, che non solo involgevano Lui ma si allungavano tanto da poter ferire ogni cuore di creatura come per darle il primo saluto della sua venuta sulla terra, il primo picchio per bussare ai cuori, per farsi aprire e chiedere un ricetto in loro. Quel picchio era dolce ma penetrante, però siccome era picchio di luce non faceva strepito ma si faceva sentire forte più di qualunque rumore. Sicché in quella notte tutti sentivano una cosa insolita nei loro cuori, ma pochissimi furono quelli che aprirono i loro cuori per dargli un piccolo alloggio. Ed il tenero Infante nel sentirsi non ricambiato nel saluto, né aperto dai suoi ripetuti passi, incominciò il suo pianto con le labbra livide e tremanti dal freddo, singhiozzava, vagiva e sospirava; ma mentre la luce che usciva da Lui faceva tutto ciò con le creature avendo i primi rifiuti, con la sua Mamma Celeste, appena uscito dal suo seno, si gettò nelle sue braccia materne per dargli il primo abbraccio, il primo bacio, e siccome le sue piccole braccia non giungevano ad abbracciarla tutta, la luce che usciva dalle sue manine la cinse tutta in modo che Madre e Figlio restarono investiti della stessa luce. Oh! Come la Mamma Regina ricambiò il Figlio col suo abbraccio e bacio, in modo che restarono tanto stretti insieme che parevano uno fuso nell'altro! Col suo amore ricambiò il primo rifiuto ricevuto da Gesù dai cuori delle creature, ed il suo vezzoso Bambinello depose il suo primo atto di nascere nel Cuore della sua Mamma, le sue grazie, il suo primo dolore, per fare che ciò che si vedeva nel Figlio si potesse vedere nella sua Mamma.


Onde dopo di ciò il grazioso Bambinello è venuto nelle mia braccia e stringendomi forte mi sentivo che Lui entrasse in me ed io in Lui e poi mi ha detto: "Figlia mia, ti ho voluto abbracciare come abbracciai la mia cara Mamma appena nato, affinché anche tu ricevi il mio primo atto di nascere ed il mio primo dolore, le mie lacrime, i miei teneri vagiti, affinché ti muovi a compassione del mio stato doloroso della mia nascita. Se non avessi la mia Mamma in cui deporre tutto il bene della mia nascita ed affidare in Lei la luce della mia Divinità che Io Verbo del Padre contenevo non avrei trovato nessuno, né dove deporre il tesoro infinito della mia nascita, né dove affissare la luce della mia Divinità che dalla mia piccola Umanità traspariva fuori. Perciò vedi come è necessario che quando si decide dalla Maestà Suprema un bene grande da fare alle creature che può servire come bene universale, che scegliamo una da darle tanta grazia da poter ricevere tutto in sé quel bene che dovevano ricevere tutti gli altri, perché se gli altri non lo ricevono in tutto o in parte l'opera nostra non rimanga sospesa e senza il suo frutto, ma l'anima eletta riceva tutto in sé quel bene, e l'opera nostra riceva il ricambio del frutto. Sicché la Mamma mia fu non solo la depositaria della mia vita, ma di tutti gli atti miei. Quindi in tutti gli atti miei, prima vedevo se potevo depositarli in Lei e poi li facevo. Onde in Lei depositai le mie lacrime, i miei vagiti, il freddo e le pene che pativo ed Essa faceva l'eco a tutti gli atti miei e con incessanti ringraziamenti riceveva tutto: c'era una gara tra Madre e Figlio, Io a dare e Lei a ricevere. Questa mia piccola Umanità facendo il primo ingresso sulla terra, la mia Divinità volle trasparire fuori di Essa per girare ovunque e fare la prima visita sensibile a tutta la Creazione. Cieli e terra tutti ricevettero questa vista del loro Creatore allinfuori dell'uomo. Mai avevano ricevuto tanto onore e gloria come quando si videro in mezzo a loro il loro Re, il loro Fattore, cui tutti si sentivano onorati che dovevano servire Colui da cui avevano ricevuto l'esistenza, perciò tutti fecero festa. Perciò la mia nascita da parte della mia Mamma e di tutta la Creazione Mi fu di grande gioia e gloria, da parte delle creature Mi fu di grande dolore. Ecco perciò son venuto da te per sentirmi ripetere le gioie della mia Mamma e deporre in te il frutto della mia nascita".


Onde dopo di ciò stavo pensando com'era infelice quella grotta dove il Bambinello Gesù era nato, com'era esposta a tutti i venti, al freddo, da intirizzire dal gelo, invece di uomini c'erano le bestie, che Gli facevano compagnia; perciò pensavo quale potesse essere più infelice e dolorosa: la prigione della notte della sua Passione o la grotta di Betlemme? Ed il mio dolce Bambino ha soggiunto: "Figlia mia, non c'è da paragonarsi l'infelicità della prigione della mia Passione, colla grotta di Betlemme. Nella grotta tenevo la mia Mamma vicino, anima e corpo, era insieme con Me quindi tenevo tutte le gioie della mia cara Mamma, e Lei teneva tutte le gioie di Me Figlio suo che formavano il nostro Paradiso; le gioie di madre col possedere il figlio sono grandi, le gioie di possedere una madre sono più grandi ancora; Io trovavo tutto in Lei e Lei trovava tutto in Me. Poi c'era il mio caro Padre S. Giuseppe che Mi faceva da Padre ed Io sentivo tutte le sue gioie che sentiva per causa mia. Invece nella mia Passione furono tutte interrotte le nostre gioie, perché dovevamo dare luogo al dolore, e sentivamo tra Madre e Figlio il grande dolore della vicina separazione, almeno sensibile, che doveva succedere colla mia morte. Nella grotta le bestie Mi riconobbero e onorandomi cercavano di riscaldarmi col loro fiato; nella prigione neppure gli uomini Mi riconobbero e per insultarmi Mi coprirono di sputi e di obbrobri; perciò non c'è da paragonarsi l'una coll'altra".


E nel Volume 4, il 25 dicembre 1900, Luisa ci racconta come lei stessa ha visto la Nascita di Gesù: Mi son sentita fuori di me stessa - scrive -, e dopo aver girato mi son trovata dentro d'una spelonca, ed ho visto la Regina Mamma che stava nell'atto di dare alla luce il Bambinello Gesù. Che stupendo prodigio! Mi pareva che tanto la Madre quanto il Figlio erano trasmutati in luce purissima, ma in quella luce si scorgeva benissimo la natura umana di Gesù, che conteneva in sé la Divinità, che Gli serviva come di velo per coprire la Divinità, in modo che squarciando il velo della natura umana era Dio, e coperto con quel velo era Uomo. Ed ecco il prodigio dei prodigi: Dio e Uomo, Uomo e Dio!, che senza lasciare il Padre e lo Spirito Santo viene ad abitare con noi e prende carne umana, perché il vero amore non si disunisce giammai.


Ora, mi è parso che la Madre ed il Figlio, in quel felicissimo istante, sono restati come spiritualizzati, e senza il minimo intoppo Gesù è uscito dal seno Materno, traboccando ambedue in un eccesso d'amore; ossia quei santissimi corpi trasformati in Luce, senza il minimo impedimento Gesù Luce è uscito da dentro la luce della Madre, restando sano ed intatto sia l'Uno che l'Altra, ritornando poscia allo stato naturale. Ma chi può dire la bellezza del Bambinello, che in quel momento dal suo nascere trasfondeva anche esternamente i raggi della Divinità? Chi può dire la bellezza della Madre che ne restava tutta assorbita in quei raggi divini? E san Giuseppe? Mi pareva che non fosse presente nell'atto del parto, ma che se ne stava ad un altro cantone della spelonca, tutto assorto in quel profondo mistero, e se non vide cogli occhi del corpo, vide benissimo cogli occhi dell'anima, perché se ne stava rapito in estasi sublime.


Or nell'atto che il Bambinello uscì alla luce, io avrei voluto volare per prenderlo fra le mie braccia, ma gli Angeli m'impedirono, dicendomi che toccava alla Madre l'onore di prenderlo per prima. Onde la Vergine Santissima come scossa è ritornata in Sé, e dalle mani d'un Angelo ha ricevuto il Figlio nelle braccia, L'ha stretto tanto forte nella foga dell'amore in cui si trovava, che pareva che volesse inviscerarlo di nuovo, poi volendo dare uno sfogo al suo ardente amore, L'ha messo a succhiare alle sue mammelle. In questo mentre io me ne stavo tutta annichilita, aspettando che fossi chiamata, per non ricevere un altro rimprovero dagli Angeli Onde la Regina mi ha detto: "Vieni, vieni a prendere il tuo Diletto e godilo anche tu, sfoga con Lui il tuo amore". E così dicendo io mi sono avvicinata e la Mamma e me L'ha dato in braccio. Chi può dire il mio contento, i baci, gli stringimenti, le tenerezze? Dopo che mi son sfogata un poco, Gli ho detto: "Diletto mio, Voi avete succhiato il latte dalla nostra Mamma, fate a me parte". E Lui, tutto condiscendendo, dalla sua bocca ha versato parte di quel latte nella mia, e dopo mi ha detto: "Diletta mia, Io fui concepito unito al dolore, nacqui al dolore e morii nel dolore, e coi tre chiodi che Mi crocifissero, inchiodai le tre potenze: intelletto, memoria e volontà, di quelle anime che bramano d'amarmi, facendole restare attirate tutte a Me, perché la colpa le aveva rese inferme e disperse dal loro Creatore, senza nessun freno".


E mentre ciò diceva, ha dato uno sguardo al mondo ed ha cominciato a piangere le sue miserie. Io, vedendolo piangere ho detto: "Amabile Bambino, non funestate una notte sì lieta, col vostro pianto, a chi Vi ama; invece di dare sfogo al pianto, diamo sfogo al canto". E sì dicendo ho cominciato a cantare, Gesù si è distratto a sentirmi cantare, ed ha cessato dal piangere e, finendo il mio verso, ha cantato il suo, con una voce tanto forte ed armoniosa, che tutte le altre voci scomparivano alla sua voce dolcissima. Dopo ciò, ho pregato il Bambino Gesù per il mio confessore e per quelli che mi appartengono, ed infine per tutti, e Lui pareva tutto condiscendente. In questo mentre mi è scomparso, ed io sono ritornata in me stessa.


Dal Volume 4 - Dicembre 26, 1900

Continuando a vedere il Santo Bambino, vedevo la Regina Madre da una parte e san Giuseppe dall'altra, che stavano adorando profondamente l'Infante Divino. Stando tutta intenta in Lui, mi pareva che la continua presenza del Bambinello li teneva assorti in estasi continuo, e se operavano era un prodigio che il Signore operava in loro, altrimenti sarebbero restati immobili senza potere esternamente accudire ai loro doveri. Anch'io vi ho fatto la mia adorazione e mi son trovata in me stessa.


Dal Volume 36 - Dicembre 25, 1938

[...] Onde (scrive ancora Luisa) continuavo a pensare alla discesa del Verbo Divino, e dicevo tra me: "Come mai può nascere Gesù nelle anime nostre?" Ed il caro Bambino ha soggiunto: "Figlia mia, è la cosa più facile il farmi nascere, molto più che Noi non sappiamo fare cose difficili, la nostra Potenza facilita tutto; purché la creatura viva nel nostro Volere, tutto è fatto. Come vuol vivere di Esso, già forma l'abitazione al tuo piccolo Gesù; come vuol dare principio a fare i suoi atti, così Mi concepisce, e come compie il suo atto Mi fa nascere; come ama nel mio Volere, così Mi veste di luce e Mi riscalda delle tante freddezze delle creature, ed ogni qual volta Mi dà la sua volontà e prende la mia, Io Mi trastullo e formo il mio giuoco, e canto vittoria d'aver vinto l'umano volere, Mi sento il piccolo Re vincitore.


Vedi dunque, figlia mia, com'è facile da parte del tuo piccolo Gesù? Perché quando troviamo la nostra Volontà nella creatura possiamo far tutto, Essa Ci somministra tutto ciò che ci vuole e vogliamo per formare la nostra vita e le nostre opere più belle. Invece quando non vi è il nostro Volere restiamo inceppati: dove Ci manca l'amore, dove la santità, dove la potenza, dove la purezza e tutto ciò che occorre per rinascere e formare la nostra vita in loro. Perciò il tutto sta da parte delle creature, che da parte nostra Ci mettiamo a sua disposizione.


Oltre di ciò, nella mia nascita la mia Mamma divina Mi formò una bella sorpresa: coi suoi atti, col suo amore, colla vita della mia Volontà che possedeva, Mi formò il mio Paradiso in terra; non faceva altro che intrecciare col suo amore tutta la Creazione: e dove stendeva mari di bellezze per farmi godere le nostre bellezze divine dentro delle quali splendeva la sua beltà - com'era bella la Mamma mia nel trovarla nella Creazione tutta, che Mi faceva godere la sua beltà e la bellezza dei suoi atti! -, dove stendeva il suo mare d'amore per farmi trovare che in tutte le cose Mi amava, e trovavo il mio Paradiso d'amore in Essa e Mi felicitavo e gioivo nei mari d'amore della Mamma mia. Ora, nel mio Volere Mi formava le musiche più belle, i concerti più deliziosi, affinché al suo piccolo Gesù non gli mancassero le musiche della Patria Celeste. A tutto ci pensò la mia Mamma, affinché non Mi mancassero nulla dei godimenti del Paradiso lasciato; non faceva altro, in tutti i suoi atti, che formare gioie per rendermi felice. Al solo poggiarmi sul suo Cuore sentivo tali armonie e contenti, che Mi sentivo rapire. La mia cara Mamma col vivere nel mio Volere prendeva nel suo grembo il Paradiso e lo faceva godere al Figlio suo, e tutti i suoi atti non Mi servivano ad altro che a rendermi felice ed a raddoppiarmi il mio Paradiso in terra.


Ora, figlia mia, tu non sai un'altra sorpresa: chi vive nel mio Volere è inseparabile da Me, ed ogni qual volta Io rinasco, rinasce insieme con Me. Sicché non sono mai solo, la faccio rinascere insieme con Me alla vita divina; rinasce al nuovo amore, alla nuova santità, alla nuova bellezza; rinasce nelle conoscenze del suo Creatore, rinasce in tutti gli atti nostri, anzi in ogni atto che fa Mi chiama a rinascere e forma un nuovo Paradiso al suo Gesù, ed Io la faccio rinascere insieme con Me per renderla felice. Felicitare chi vive insieme con Me è una delle mie gioie più grandi.


Perciò sii attenta a vivere nel mio Volere se vuoi rendermi felice, se vuoi che negli atti tuoi trovo il mio Paradiso in terra, ed Io ci penserò a farti godere il pelago delle mie gioie e felicità; ci renderemo felici a vicenda".


Ed ecco la festa che la piccola figlia, Luisa, prepara al Bambino Gesù:

Volume 25 - Dicembre 25, 1928

Stavo pensando alla nascita del Bambino Gesù, e Lo pregavo che venisse a nascere nella povera anima mia. E per inneggiare e fargli corteggio nell'atto del suo nascere, mi fondevo nel Santo Divin Volere, e scorrendo in tutte le cose create, volevo animare il cielo, il sole, le stelle, il mare, la terra, e tutto, col mio Ti amo, volevo mettere tutte le cose create come in aspettativa nell'atto di nascere Gesù, affinché tutti gli dicessero: 'Ti amo e vogliamo il Regno del tuo Volere sulla terra'. Ora mentre ciò facevo, mi pareva che tutte le cose create si mettessero sull'attenti nell'atto di nascere Gesù, e come il caro Bambino usciva dal seno della sua Mamma Celeste, il cielo, il sole, e fin il piccolo uccellino come tutti in coro dicevano: 'Ti amo e vogliamo il Regno della tua Volontà sulla terra'; il mio Ti amo nel Voler Divino scorreva in tutte le cose, perché in tutte la Divina Volontà teneva la sua vita, e perciò tutti inneggiavano alla nascita del loro Creatore, ed io vedevo il neonato Bambino, che slanciandosi nelle mie braccia tutto tremante mi ha detto: "Che bella festa Mi ha preparata la piccola figlia del mio Volere! com'è bello il coro di tutte le cose create che Mi dicono 'Ti amo' e vogliono che regni la mia Volontà! Chi vive in Essa tutto può darmi e può usare tutti gli stratagemmi per rendermi felice, e farmi sorridere anche in mezzo alle lacrime; perciò Io stavo aspettandoti per avere una tua sorpresa d'amore, in virtù del mio Volere Divino. Perché tu devi sapere, che la mia vita sulla terra non fu altro che patire, operare e preparare tutto ciò che doveva servire per il Regno della mia Divina Volontà, che dev'essere Regno di felicità e di possedimento, perciò i miei lavori allora avranno i loro pieni frutti e si cambieranno per Me e per le creature in dolcezze, in gioie ed in possesso".


Ora mentre ciò diceva mi è scomparso, ma dopo poco è ritornato dentro d'una cullina d'oro, vestito con una piccola vestitina di luce, ed ha soggiunto: "Figlia mia, oggi è la mia Nascita e son venuto per renderti felice colla mia presenza: Mi sarebbe troppo duro non rendere felice in questo giorno chi vive nella mia Divina Volontà, non darle il mio primo bacio e dirti 'ti amo', come contraccambio del tuo, e stringendoti forte al mio piccolo Cuore, farti sentire i miei palpiti che sprigionano fuoco, che vorrebbero bruciare tutto ciò che alla mia Volontà non appartiene; ed il tuo palpito facendo eco nel mio Mi ripete il tuo gradito ritornello: 'La tua Volontà regna come in Cielo così in terra'. Ripetilo sempre se mi vuoi rendere felice e quietarmi il mio pianto infantile. Guarda il tuo amore Mi ha preparato la culla d'oro, e gli atti nella mia Divina Volontà Mi hanno preparata la vestitina di luce, non ne sei contenta?"


Dopo di ciò seguivo i miei atti nel Fiat Divino riandando nell'Eden, nei primi atti della Creazione dell'uomo, ed il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto: "Figlia mia, Adamo, primo Sole umano, investito dal nostro Volere, i suoi atti erano più che raggi di sole, che allungandosi ed allargandosi dovevano investire tutta l'umana famiglia, in cui si dovevano vedere tanti in uno, come palpitanti in questi raggi accentrati tutti nel centro di questo primo Sole umano, i quali tutti dovevano tenere virtù di formare il loro Sole senza uscire dal vincolo del primo Sole, perché avendo principio la vita di ciascuna da questo Sole, ciascuno poteva essere Sole per sé stesso.


Come fu bella la creazione dell'uomo! Oh! come superò tutto l'universo intero! Il vincolo d'unione di uno in tanti, era il più gran prodigio della nostra Onnipotenza, cui la nostra Volontà Una, in Sé doveva mantenere l'inseparabilità di tutti, la vita comunicativa ed unitiva di tutti. Simbolo ed immagine della nostra Divinità, che siamo inseparabili, e che sebbene siamo Tre Divine Persone, siamo sempre Uno, perché una è la Volontà, una è la santità, la potenza nostra; perciò viene guardato da Noi l'uomo sempre come se fosse uno solo, ad onta che doveva tenere la sua generazione lunghissima, ma sempre accentrata nell'uno; era l'Amore increato che veniva da Noi creato nell'uomo e perciò doveva dar di Noi e rassomigliarsi a Noi, e la nostra Volontà unica agente in Noi, doveva agire unica nell'uomo per formare l'unità di tutti, ed il vincolo inseparabile di ciascuno. Perciò l'uomo col sottrarsi dal nostro Fiat Divino si difformò e disordinò, e non sentì più la forza dell'unità ed inseparabilità, né col suo Creatore, né con tutte le generazioni; si sentì come un corpo diviso e spezzato nelle sue membra, che non possiede più tutta la forza del suo corpo intero. Ecco perciò vuole entrare di nuovo come atto primo nella creatura la mia Divina Volontà, per riunire le membra spezzate, e dargli l'unità e l'inseparabilità come uscì dalle nostre mani creatrici. Noi Ci troviamo nella condizione di un artefice che ha fatto la sua bella statua da far stupire Cielo e terra; l'artefice ama tanto questa statua che vi ha messo la sua vita dentro di essa, sicché ogni atto o movimento che essa fa, l'artefice sente in sé la vita, l'atto, il movimento della sua bella statua. L'artefice l'ama con amore di delirio, né sa distaccare il suo sguardo da essa, ma in tant'amore la statua riceve un incontro, urta e resta spezzata nelle membra e nella parte vitale che la teneva vincolata ed unita coll'artefice, quale non sarà il suo dolore e che non farà costui per rifare la sua bella statua? Molto più che lui l'ama ancora, ed all'amore delirante si è aggiunto l'amore dolorante. Tale si trova la Divinità a riguardo dell'uomo. E' il nostro delirio d'amore e di dolore che vogliamo rifare la bella statua dell'uomo, e siccome l'urto successe nella parte vitale della nostra Volontà, che lui possedeva, ristabilita Essa in lui, la bella statua Ci sarà rifatta ed il nostro amore resterà appagato. Perciò non voglio altro da te, che la mia Divina Volontà abbia la sua vita".


Poi ha soggiunto con un accento più tenero: "Figlia mia, nelle cose create la Divinità non creava l'amore, ma le sfioriture della sua Luce, della sua Potenza, della sua Bellezza, eccetera. Sicché si può dire che nel creare il cielo, le stelle, il sole, il vento, il mare, la terra, erano le opere nostre che mettevamo fuori e le sfioriture delle nostre belle Qualità. Solo per l'uomo questo prodigio grandissimo di creare la vita, e la vita del nostro Amore medesimo, e perciò è detto che fu creato a nostra immagine e somiglianza. E perciò l'amiamo tanto, perché è vita ed opera ch'è uscita da Noi, e la vita costa più che tutto".


-, Luisa scrive: [...] Continuavo a pensare alla nascita del Bambinello Gesù. E Lui ha soggiunto: "Figlia piccola del mio Volere, la festa della mia nascita fu la festa e come l'inizio della festa della mia Divina Volontà. Come gli Angeli cantavano: 'Gloria a Dio nei più alti dei Cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà', gli Angeli, la Creazione, si atteggiò a festa; e mentre festeggiavano la mia nascita, festeggiavano la festa della mia Divina Volontà, perché colla mia nascita riceveva la vera gloria, fin nei più alti dei Cieli, la nostra Divinità. E gli uomini avranno la vera pace quando riconosceranno la mia Volontà, Le daranno il dominio e La faranno regnare; allora la loro volontà si farà buona, sentiranno la forza divina. Ed allora canteranno insieme Cieli e terra: 'Gloria a Dio nei più alti dei cieli e pace in terra agli uomini che possederanno la Divina Volontà!' Tutto si abbonerà in loro e possederanno la vera pace". (Volume 35 - Dicembre 25, 1937)


"Figlia mia, per chi fa la mia Volontà è sempre Natale. Come l'anima entra nel mio Volere, Io resto concepito nel suo atto; come va compiendo il suo atto, Io svolgo la mia Vita; come lo finisce, Io risorgo e l'anima resta concepita in Me, svolge la sua vita nella mia e risorge negli stessi atti miei. Vedi dunque che le feste natalizie sono per chi una volta all'anno si prepara, si mette in grazia mia, quindi sente in sé qualche cosa di nuovo della mia Nascita; ma per chi fa la mia Volontà è sempre Natale, rinasco in ogni suo atto. Sicché tu vorresti che nascessi in te una volta all'anno? No, no! Per chi fa la mia Volontà, la mia Nascita, la mia Vita, la mia Morte e la mia Risurrezione devono essere un atto continuato, non mai interrotto; altrimenti, quale sarebbe la diversità, la smisurata distanza dalle altre santità?" (Volume 16, 26.12.1923)


Appena giunsero, i Santi Magi, nella spelonca di Betlemme, il Bambino Gesù si compiacque di far risplendere esternamente i raggi della Sua Divinità comunicandosi ad essi in tre modi: con l'amore, con la bellezza e con la potenza. Rimasero allora così rapiti e sprofondati alla presenza del Bambino Gesù che, se il Signore non avesse ritirati un'altra volta internamente i raggi della Sua divinità, sarebbero rimasti lì per sempre senza potersi più muovere... Onde, appena il Bambino ritirò i raggi della Sua Divinità, ritornarono in se stessi, ma stupefatti nel mirare un eccesso d'amore sì grande, perché in quella Luce il Signore aveva fatto loro capire il mistero dell'Incarnazione.Indi si alzarono ed offrirono i doni alla Regina Madre, che s'intrattenne a lungo a parlare con loro... (Volume 4 - 6.1.1901)

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